Occorre indicare la gravità della violazione commessa, l’entità del danno apportato e il pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare (Cass., sentenza n. 37628/2021)
Il giudice, nel determinare la durata della sospensione della patente, laddove la stessa supera la media edittale, deve fornirne adeguata motivazione, facendo riferimento alla gravità della violazione commessa, all’entità del danno apportato, e al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare.
Lo ha stabilito la IV sezione Penale della Cassazione nella sentenza 30 settembre – 18 ottobre 2021, n. 37628.
Con sentenza n. 88 del 19 febbraio 2019 la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 222, c. II, quarto periodo, Codice della Strada, nella parte in cui non prevede che, in ipotesi di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 c.p.p., per i reati di cui all’articolo 589-bis (Omicidio stradale) e articolo 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo del medesimo articolo 222 C.d.S., c. II, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi articolo 589-bis c.p. e articolo 590-bis c.p., c. II e III.
Più in dettaglio, i giudici costituzionali hanno riconosciuto la legittimità della revoca automatica della patente in ipotesi di condanna per reati stradali aggravati dallo stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per l’assunzione di droghe, tuttavia nelle ulteriori ipotesi di condanna per omicidio o lesioni stradali hanno escluso l’automatismo e riconosciuto al giudice il potere di valutare, ipotesi per ipotesi, se applicare, in alternativa alla revoca, la meno grave sanzione della sospensione della patente.
Nell’annullare la pronuncia limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, con rinvio al Tribunale per nuovo giudizio sul punto, il collegio ha riconosciuto applicabile il principio in base al quale, allorché il giudice con la sentenza di patteggiamento applichi la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente in misura inferiore alla media, l’obbligo di motivazione può ritenersi soddisfatto mediante la semplice menzione dell’adeguatezza o della congruità della sanzione (Sez. IV, Sentenza n. 21194 del 27/03/2012).
Ne discende che, ove la determinazione della sanzione amministrativa accessoria supera la media della forbice edittale, il giudice è tenuto ad assolvere l’onere motivazionale sul punto dando conto delle ragioni che lo hanno indotto a determinare in siffatta misura la durata sanzione amministrativa accessoria. Tanto più che essa risulta sottratta alla pattuizione delle parti ed è il giudice a determinarla in modo autonomo e discrezionale.
Nei casi di applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, previsti dall’articolo 222 C.d.S., la determinazione della durata di tale sospensione deve essere effettuata in base ai parametri di cui all’articolo 218 C.d.S., c. II, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento (Sez. 4, n. 55130 del 09/11/2017).
Consegue che il giudice, nel determinare la durata della sospensione della patente, se la stessa superi la media edittale, deve fornirne adeguata motivazione (principio ricavabile a contrario anche da Sez. 4, n. 21574 del 29/01/2014), facendo riferimento alla gravità della violazione commessa, all’entità del danno apportato, e al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare (Sez. U, Sentenza n. 8488 del 27/05/1998).